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Il ricorso alle protesi per il seno è molto frequente in chirurgia estetica e ricostruttiva. Ma in base a quali criteri vengono scelte le protesi mammarie? Nell’articolo vedremo in dettaglio le caratteristiche, i prezzi e i rischi, delle varie tipologie.
Le protesi per il seno (o protesi mammarie) sono dispositivi medici usati per aumentare le dimensioni del seno, modificarne la forma o ricostruirlo, in caso di asportazione parziale o completa della ghiandola mammaria. Essendo destinate a pazienti con differenti necessità, dunque, è logico aspettarsi l’esistenza di molteplici tipologie di protesi, la cui scelta viene effettuata in base ai criteri di cui parleremo a breve.
Come appena accennato, il commercio offre una vasta gamma di protesi mammarie, con caratteristiche strutturali e funzionali differenti.
Una prima classificazione avviene tra protesi mammarie esterne e interne, suddivise ulteriormente in base al materiale, alla struttura e alle caratteristiche funzionali e di impiego.
Questi dispositivi medici possono essere usati, temporaneamente o permanentemente, dalle pazienti che hanno subito l’intervento di mastectomia (cioè l’asportazione totale o parziale di una o entrambe le mammelle) sia in attesa della ricostruzione del seno, sia nel caso in cui non possano o non vogliano affrontare l’intervento, per restituire armonia alla silhouette e prevenire le conseguenze negative derivanti dall'asportazione del seno.
Qualora non venga ripristinata la simmetria, infatti, le pazienti possono andare incontro a:
Le protesi esterne, dunque, non hanno una funzione meramente estetica ma sono importanti anche per la salute delle pazienti mastectomizzate, perché riducono l’insorgenza degli effetti negativi suddetti.
Il mercato offre una vasta scelta di protesi mammarie esterne, prodotte da diverse aziende e disponibili nei punti vendita fisici e online, che vengono prescritte dal chirurgo tenendo conto del tipo di mastectomia praticata, delle caratteristiche anatomiche della paziente e dello stile di vita. Per una questione di ordine e semplicità, le classifichiamo in base al materiale, ai modelli disponibili e alle modalità d’impiego.
Vengono usate nei 2-3 mesi successivi all'intervento, giusto il tempo di far guarire la pelle, perché sono troppo leggere per essere indossate permanentemente. Sono fornite dall'ospedale e si applicano al reggiseno con punti o bottoncini automatici; trascorsi 2-3 mesi, quindi, vengono rimpiazzate da quelle definitive in silicone.
Sono le protesi definitive più usate, poiché il silicone replica perfettamente il seno, raggiunge la stessa temperatura e non si deforma; essendo resistenti ai raggi UV e all'acqua (clorurata e salata), inoltre, possono essere usate senza problemi al mare e in piscina.
Sono protesi definitive ma meno diffuse delle precedenti.
In base al modello le protesi possono essere complete che riproducono l’intera mammella, perciò sono adatte alle pazienti che hanno subito la mastectomia totale, o parziali che riproducono una parte della mammella, perciò sono utilizzate in seguito alla mastectomia parziale.
In base alle modalità d’impiego possono poi essere:
Si possono indossare con o senza reggiseno, perché possiedono un adesivo che consente loro di aderire perfettamente alla pelle integra e detersa; dopo ogni utilizzo devono essere lavate con i detergenti forniti dall'azienda oppure con acqua e sapone, per rimuovere tracce di sporco, sudore e cellule morte.
Vengono alloggiate negli appositi reggiseni dotati di taschino interno, spesso e volentieri prodotti dalla stessa azienda delle protesi e disponibili in un’ampia varietà di modelli e misure.
Vengono impiantate con l’intervento di mastoplastica additiva, nelle pazienti insoddisfatte del seno naturale a causa di asimmetrie mammarie o dimensioni non proporzionate rispetto al corpo, ma anche per il cambio di sesso.
Si tratta di dispositivi medici invasivi, destinati a rimanere nell'organismo per almeno 30 giorni, e pertanto inclusi nella classe III dei dispositivi medici dal D. Lgs. n.46/1997.
Analogamente alle precedenti, anche le protesi interne sono disponibili in più varianti, scelte in base alla forma del seno, all'elasticità della pelle e alla costituzione fisica della paziente, in modo che l’effetto finale sia il più naturale possibile.
Le pazienti durante la visita preoperatoria concordano la misura (taglia) che può essere:
Le protesi possono avere una superficie:
Le protesi si distinguono poi per il loro involucro esterno può essere realizzato in vari materiali ed avere un unico involucro, cioè le classiche protesi a camera singola; o un doppio involucro, avente il compito di minimizzare la dispersione del contenuto in caso di rottura accidentale, che sono le protesi a camera doppia.
Un materiale inerte, anallergico, non irritante, non cancerogeno, che può essere sterilizzato e riproducibile in varie forme e dimensioni, resistente agli stress meccanici e impermeabile ai fluidi biologici; si tratta, quindi, delle protesi più diffuse e sicure in assoluto, come dimostrato da anni di ricerca e uso nella pratica clinica;
Un materiale del quale non è stata chiarita la sicurezza, tanto è vero che le protesi con esso realizzate sono vietate in Francia, Gran Bretagna e USA.
Le protesi possono poi distinguersi per il materiale contenuto al loro interno:
Il gel di silicone è un materiale che possiede la stessa morbidezza e consistenza del tessuto mammario e che non si disperde in caso di rottura della protesi, grazie alla sua coesività; questo tipo di protesi viene usato nel 90% degli interventi. Alcuni tipi a doppia camera, possono contenere sia soluzione fisiologica che gel di silicone, la prima contenuta nella camera esterna, il secondo nella camera interna.
Le protesi saline sono protesi riempite con soluzione fisiologica, del tutto compatibile coi fluidi biologici e, pertanto, innocua in caso di rottura accidentale del dispositivo; questo tipo di protesi è meno diffuso del precedente e presenta da un lato il vantaggio di essere riempito o svuotato con un tubicino rimovibile e, dall'altro, lo svantaggio di avere una consistenza meno naturale delle precedenti, nonché la tendenza a sgonfiarsi;
Sono protesi di ultima generazione ancora in fase di sviluppo, realizzate con le cellule prelevate dalle stesse pazienti, inserite in un’apposita impalcatura.
In base alla forma le protesi possono essere:
Le protesi anatomiche hanno la forma simile ad una goccia d'acqua. Usate in caso di asportazioni sottoascellari lievi o moderate;ed in caso di ptosi mammaria.
Sono protesi simili ad una semisfera che vengono usate quando viene asportata la parte inferiore del seno, aumentare il seno svuotato o cadente per via dell’allattamento oppure sulle pazienti che vorrebbero avere un seno abbondante. Si tende a preferire la protesi rotonda perché ha il vantaggio di non deformare la mammella se la protesi ruota su se stessa.
Tali protesi cambiano forma in base alla posizione assunta, evitando così il tanto temuto “effetto boccia”; si tratta, dunque, di protesi all'avanguardia sia perché consentono di ottenere un effetto molto naturale, sia perché minimizzano il rischio di complicanze e i tempi di recupero (effetti attribuiti, rispettivamente, alla superficie rugosa e allo spessore sottile).
Le pazienti possono ottenere gratuitamente una protesi esterna, qualora il medico compili il modulo della ASL, indicando la patologia, l’intervento subito dalla paziente e il codice della protesi. Le pazienti hanno diritto a una protesi gratis ogni 3 anni e una sostituzione gratuita in caso di rottura; l’esenzione, però, non è completa per tutti i modelli e non si estende alla biancheria.
Il prezzo, in particolare, è di:
Il prezzo delle protesi interne dipende dalla tipologia e dal produttore ma non dalle dimensioni, come si potrebbe immaginare, e si aggira mediamente tra i 720€ e i 2.000€. Prendendo come riferimento uno dei parametri più importanti per la scelta, e cioè la forma delle protesi, il prezzo varia dai 700 ai 1.000€ per le protesi rotonde, dai 1.500 ai 2.500€ per quelle anatomiche e supera i 2.500€ nelle ergonomiche, essendo queste ultime protesi hi-tech.
L’impianto delle protesi mammarie, purtroppo, non è esente da rischi, benché sia possibile minimizzarli rivolgendosi a strutture autorizzate, nelle quali si usano dispositivi di alta qualità, inseriti da personale medico qualificato.
Le eventuali complicanze, in particolare, possono essere immediate, quando compaiono nel giro di poche ore dall'impianto, e ritardate che si manifestano a distanza di mesi o anni dall'impianto.
Complicanze immediate sono:
Gli ematomi sono raccolte di sangue in organi o cavità, provocati dalla lacerazione di un vaso sanguigno; compaiono entro 24 ore dall'intervento nell'1% dei casi e sono caratterizzati da dolore improvviso e crescente; aumentano il rischio di contrattura capsulare, di cui parleremo a breve.
Sono raccolte di liquido in organi o cavità, che possono dislocare la protesi dalla posizione originaria e aumentare il rischio di contrattura capsulare.
L’infezione si manifesta con sintomi evidenti quali gonfiore, dolore e bruciore. Se affrontata in tempo essa guarisce in breve tempo, qualora, però venga sottovalutata può portare conseguenze serie ed anche alla sostituzione della protesi.
L’alterazione della sensibilità può essere passeggera e talvolta permanente, si può manifestare con l’introduzione areolare della protesi (cioè dall'area attorno al capezzolo).
Lo pneumotorace, cioè l’accumulo di aria negli spazi tra le membrane polmonari, si manifesta raramente.
Complicanze a lungo termine:
E’ la formazione di una capsula fibrosa intorno alle protesi, come conseguenza di una risposta eccessiva dell’organismo alla loro presenza. La contrattura capsulare non è sempre una conseguenza negativa, dal momento che nei casi più lievi (II grado della scala di Baker) viene percepita come un aumento di tonicità del seno, ma lo diventa nel momento in cui la capsula è talmente spessa e rigida da comprimere le protesi, causando indurimento e raffreddamento del seno, indolenzimento intermittente o continuo, nonché lo spostamento delle protesi. Oggi si verifica nell’1-2% dei casi, contro il 30% degli anni ‘80, sia perché si ricorre alle protesi con superficie rugosa, sia perché la paziente è sottoposta a trattamenti che riducono l’infiammazione scatenata dalle protesi e che drenano i liquidi in eccesso.
Le protesi riempite con fisiologica possono perdere il 4-8% del volume originario, soprattutto se sottoposte alla pressione dell’acqua.
Il rischio è minimo con le protesi di alta qualità, come quelle prodotte da Allergan, Mentor e Motiva, ma la bontà delle stesse è solo uno dei tanti fattori che ne influenzano la durata; altri riguardano la paziente (come lo stile di vita e le caratteristiche dei tessuti) e l’intervento (tecnica d’impianto, sede e profondità di alloggiamento delle protesi e così via). Sebbene alcune protesi siano garantite a vita, è bene sottoporsi a dei controlli periodici e sostituirle ogni 10-20 anni, perché possono sgonfiarsi o deformarsi.
Il tema sul possibile aumento del rischio di tumore dopo l'impianto di protesi è molto dibattuto. Attualmente il rischio non è scientificamente provato, ma la Food and Drug Administration (FDA) suggerisce alle donne un controllo ecografico annuale.
Sempre la FDA, infatti, sostiene che vi è un possibile legame tra le protesi ruvide e l’insorgenza di un particolare tipo di linfoma , anche se il rischio è molto basso.
Un altro caso di rischio di tumore correlato alle protesi è quello sollevato in Francia relativo alle protesi Pip che, essendo riempite di silicone non conforme alla normativa, presentano un alto rischio di rottura e quindi di infiammazione e forse di tumore. Nel 2010 il Ministero della salute italiano ha proibito l’uso di tali protesi ed ha invitato tutte le donne con protesi Pip ad effettuare un’ecografia mammaria ed una visita presso il chirurgo plastico.
La mammografia è uno strumento di diagnosi importante nella prevenzione del tumore al seno. Tuttavia alcuni tipi di protesi mammarie, soprattutto quelle di vecchia generazione, interferiscono con esami diagnostici come la mammografia.
Le protesi di nuova generazione, invece, si lasciano attraversare dai raggi x e quindi consentono una diagnosi simile a quella di un seno normale. Anche la collocazione della protesi è comunque importante, l’inserimento della protesi sotto il muscolo pettorale, non comporta nessuna difficoltà per eseguire radiografie e mammografia.
Nessuna protesi inoltre interferisce con altri esami quali ecografia e risonanza magnetica.
La possibilità di allattamento dopo un intervento di mastoplastica dipende dal tipo di intervento.
Se, infatti, la donna si è sottoposta ad un intervento di mastoplastica additiva con posizionamento di protesi per aumentare le dimensioni del seno, potrà sicuramente allattare in quanto la ghiandola non viene toccata.
Diverso è il caso di una mastoplastica riduttiva in cui il capezzolo può essere riposizionato e quindi i dotti lattiferi possono essere interrotti.
Anche l’incisione per l’inserimento delle protesi che viene effettuata lungo l’areola, generalmente, non crea problemi all'allattamento e solo in casi rari porta complicazioni.
In ogni caso non vi sono controindicazioni per l’allattamento, durante la gravidanza il seno aumenterà di volume perché l’inserimento delle protesi non influisce sugli ormoni e quindi si avrà una normale la montata lattea.
Fermo restando che la scelta delle protesi più adatte non spetta solo alla paziente, ma anche e soprattutto al chirurgo, in base ai fattori visti in precedenza.
Di seguito troverete alcune indicazioni di carattere generale, che vi guideranno nella scelta delle protesi più adatte a voi.
In questo caso, sono necessarie protesi esterne temporanee, in attesa della ricostruzione, o permanenti, qualora quest’ultima sia controindicata o la paziente non voglia sottoporvisi.
Qualora la paziente non possa o non voglia sottoporsi alla ricostruzione, nei 2-3 mesi successivi all'intervento dovrà indossare le protesi in tessuto, per dar tempo alla pelle di cicatrizzarsi; dopodiché dovrà indossare una protesi definitiva, di forma dipendente dal tipo di mastectomia subita.
Il materiale più usato è il silicone, sia perché conferisce al seno un aspetto naturale, sia perché si adatta alle diverse situazioni, con possibilità di scelta tra protesi adesive e non adesive a seconda dell’abbigliamento portato.
Qualora la paziente voglia ricostruire il seno, invece, vengono impiantati gli espansori temporanei, per ricavare lo spazio in cui alloggiare le protesi definitive, scelte in base ai fattori che vedremo nel prossimo punto.
In questo caso si ricorre alle protesi interne che, nella maggior parte dei casi, sono realizzate in silicone (sicuro e somigliante al tessuto mammario) e presentano delle rugosità che, da un lato, riducono il rischio di contrattura capsulare e, dall'altro, aumenta l’adesione delle protesi ai tessuti, con un effetto più naturale. La forma, infine, viene scelta insieme alla paziente:
Le protesi di nuova generazione composte da gel di silicone si modificano poco nella forma e sono garantite per una durata di 15/20 anni e contro il rischio di rottura. Dunque le protesi potrebbero durare a vita. Quello che invece cambia è il corpo umano e quindi anche il seno che, col passar del tempo, anche dopo un intervento di mastoplastica, si modifica. Se l’intervento è stato eseguito in giovane età, secondo le statistiche, è necessario dopo 10/15 anni un intervento correttivo.
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