Cosa sono i carboidrati complessi? Quali le loro funzioni? Nell’articolo, cercheremo di fornire una visione d’insieme riguardo le proprietà , le fonti alimentari e le razioni giornaliere raccomandate.
I carboidrati complessi, vengono così definiti in quanto posseggono una struttura più articolata rispetto a quelli semplici.
Tutti i carboidrati sono formati principalmente da acqua e carbonio, ma il modo e la quantità di molecole di questi elementi crea la differenza tra i glucidi semplici, chiamati anche zuccheri, in cui rientrano i monosaccaridi, gli oligosaccaridi, gli esosi (fruttosio, glucosio e galattosio) ed i polisaccaridi ovvero i carboidrati complessi, che si formano dall'unione di diversi monosaccaridi, e che vengono distinti in elementi di origine vegetale, amidi e fibre, e di origine animale ovvero il glicogeno.
I polisaccaridi sono una categoria alquanto eterogenea, non solo per quanto riguarda la struttura chimica, ma anche per le proprietà fisiologiche.
Classificazione e tipologie.
I carboidrati complessi vengono classificati in base a due criteri principali.
In base alla struttura chimica in particolare:
Qualità degli zuccheri contenuti, per cui parleremo di omopolisaccaridi (se contengono un solo tipo di monosaccaride, come amido, glicogeno e cellulosa) o eteropolisaccaridi (se ne contengono diverse tipologie, come emicellulose, gomme e pectine).
Lunghezza delle catene polimeriche (grado di polimerizzazione), che può variare da dieci unità fino a diverse migliaia, e presenza di ramificazioni (catene laterali che si inseriscono in quella principale).
Legami tra i residui zuccherini (alfa o beta), che influenzano la digestione, l’assorbimento e, quindi, le proprietà fisiologiche di questi polimeri.
In base agli effetti fisiologici distinguiamo:
Carboidrati complessi disponibili, così detti, in quanto possono essere utilizzati come fonte d’energia dall'organismo umano. L’esempio classico è fornito dall'amido e dal glicogeno, dalla cui degradazione (catabolismo) si ottiene il glucosio; lo zucchero direttamente implicato nella produzione energetica.
Carboidrati complessi non disponibili, le famose fibre alimentari che non possono essere assimilati, in quanto non disponiamo degli enzimi in grado di scindere i legami di tipo beta tra le unità zuccherine. Come vedremo in seguito, una buona parte degli effetti benefici di questi polisaccaridi, si verifica in seguito alla digestione, totale o parziale, attuata dalla flora batterica intestinale.
Tenendo conto di quest’ultima classificazione, vediamo in maggior dettaglio alcuni dei carboidrati complessi più importanti!
Quali sono i carboidrati complessi disponibili.
In questo gruppo sono compresi gli amidi e il glicogeno, polimeri dai quali è possibile ottenere il glucosio e, quindi, l’energia necessaria per le attività metaboliche della cellula. Vediamoli nel dettaglio.
Glicogeno: principale riserva di glucosio negli animali.
Il glicogeno viene immagazzinato nel fegato (del quale rappresenta il 7% del peso) e nei muscoli scheletrici, sottoforma di granuli che si trovano a contatto con gli enzimi deputati al suo metabolismo (sintesi e degradazione). La sintesi del glicogeno è necessaria a causa dell’elevata capacità, del glucosio, di richiamare l’acqua: poiché, le cellule del fegato, sono in grado di accumulare glicogeno corrispondente ad elevate concentrazioni di glucosio (0,4 moli/litro), se quest’ultimo si trovasse libero, provocherebbe l’entrata massiva di acqua nelle cellule, che si gonfierebbero fino ad esplodere.
Amidi: polisaccaride di riserva più abbondante nelle piante.
L’amido è contenuto, sottoforma di granuli, negli amiloplasti: organelli localizzati nelle cellule di semi, fusti, frutti e radici. I granuli di amido hanno una struttura semicristallina (30% cristallino, contenente amilopectina, e 70% amorfo, contenente amilosio) e vengono classificati, a seconda dell’organizzazione dell’amilopectina, in tre tipologie (A, B, C), le cui caratteristiche influenzano la suscettibilità alle amilasi e, di conseguenza, la sua digeribilità (idrolisi). In base ai criteri di suscettibilità agli enzimi e digeribilità è possibile distinguere:
Amidi a rapida digestione (RDS, Rapidly Digestible Starch). Si tratta degli amidi, contenuti in alimenti quali le patate e il pane ancora caldi, che vengono degradati dalle amilasi in meno di venti minuti.
Amidi a lenta digestione (SDS, Slowly Digestible Starch), come quelli contenuti nei cereali e nel platano, degradati in meno di cento minuti.
Amidi resistenti (RS, Resistant Starch), una piccola percentuale di amidi refrattari all'azione delle amilasi e, pertanto, non digeribili. Benché indigeribili, gli amidi resistenti, possono comunque essere metabolizzati dalla flora batterica intestinale: per tali motivi, vengono considerati delle fibre alimentari a tutti gli effetti (Sajilata et al., 2006).
Gli amidi resistenti possono essere classificati, a loro volta. in quattro gruppi:
RS1, gli amidi fisicamente inaccessibili contenuti nei cerali, nei semi e nei legumi.
RS2, come quelli del platano, la cui resistenza è dovuta all'eccessivo impaccamento dell’amilopectina nei granuli.
RS3, i così detti amidi retrogradi, molto comuni negli alimenti amilacei cotti e raffreddati (come le patate lesse) e nel pane raffermo.
RS4, sono gli amidi resistenti ottenuti in laboratorio, ai quali vengono apportate delle modifiche strutturali (legami crociati) che ne impediscono l’idrolisi.
Carboidrati complessi non disponibili.
Questa categoria comprende i polisaccaridi che, a causa delle loro caratteristiche strutturali, non possono essere digeriti e rientrano, pertanto, tra le così dette fibre. Più precisamente, per fibra alimentare si intende: “la parte edibile delle piante che non viene digerita e assorbita nell'intestino tenue, ma che viene fermentata dalla flora batterica nel colon” (American Association of Cereal Chemists, 2000); essa comprende sia la fibra dietetica, naturalmente contenuta nelle piante, sia quella funzionale, ovvero quella isolata e aggiunta agli alimenti con l’obiettivo di migliorarne i benefici (National Academy Science, 2002). La classificazione più comune, di questi carboidrati, tiene conto della solubilità nei fluidi acquosi e del grado di fermentazione, attuata dalla flora intestinale (Dhingra et al., 2011).
Distinguiamo, quindi:
Fibre insolubili e parzialmente fermentate.
Sono carboidrati non solubili nei fluidi acquosi che, una volta giunti nel colon, vengono metabolizzati solo in parte dai batteri presenti. Tra questi, abbiamo:
Cellulosa, è il principale componente della parete cellulare vegetale, intimamente associato alla lignina: un polimero non glucidico che viene, tuttavia, considerato fibra a tutti gli effetti.
Emicellulose, polisaccaridi a catena ramificata costituenti, anch'essi, la parete delle cellule vegetali. Tra queste, annoveriamo: gli arabinoxilani (xilosio e arabinosio), gli arabinogalattani (arabinosio e galattosio) e i glucomannani (glucosio e mannosio).
Fibre solubili e completamente fermentate.
Si tratta di carboidrati solubili in acqua, con la quale danno spesso origine a sistemi viscosi, che vengono completamente fermentati dalla flora batterica del colon. Tra le più importanti, citiamo:
Gomme e mucillagini, polisaccaridi a catena ramificata prodotti da particolari cellule secretorie, che possono contenere acido glucuronico e galatturonico, xilosio e arabinosio; le prime vengono secrete in seguito ad un trauma subito dalla pianta, le seconde fungono da riserva idrica.
Pectine, dei polisaccaridi di parete costituiti da una catena principale di acido galatturonico e ramnosio, dal quale originano delle ramificazioni contenenti galattosio, arabinosio e xilosio.
β-glucani, dei polisaccaridi contenuti oltre che nelle piante, anche in funghi e batteri.
A cosa servono? Funzioni dei carboidrati complessi.
Nel paragrafo precedente, abbiamo anticipato che gli effetti di questi carboidrati sono correlati alla suscettibilità degli stessi agli enzimi digestivi.
Gli amidi digeribili, ovvero quelli a rapida e lenta digestione, vengono scissi dalle amilasi e il glucosio ottenuto, viene assorbito dalla mucosa intestinale e si distribuisce ai tessuti, dove viene utilizzato per ottenere energia e per ripristinare le riserve di glicogeno;quello in eccesso, invece, viene utilizzato per la sintesi dei lipidi di deposito.
Questo tipo di carboidrati, quindi, hanno proprietà esclusivamente nutrizionali e, se assunti in quantità superiori al fabbisogno individuale, fanno ingrassare.
Le fibre alimentari, tra le quali includiamo gli amidi resistenti, sono invece refrattarie alle amilasi e non posseggono valori nutrizionali. Come riportato in letteratura, questi carboidrati, esplicano le loro funzioni in quanto tali o dopo esser stati fermentati dalla flora batterica. Approfondiamo i loro effetti benefici:
Benefici per il nostro organismo.
Alla luce di quanto esposto finora, è evidente che i carboidrati complessi, in particolare quelli non disponibili, possano giovare enormemente alla salute. Essi, infatti, prevengono e contribuiscono a risolvere svariate condizioni. Vediamo quali!
Regolano le attività intestinali.
Questa è sicuramente l’ effetto più conosciuto di questi polisaccaridi, che sono in grado di aumentare il volume e la consistenza del bolo fecale e stimolare, quindi, la peristalsi (la contrazione della muscolatura intestinale). In particolare:
Le fibre insolubili assorbono l’acqua, ammorbidendo le feci e aumentandone il volume. La distensione delle pareti intestinali, conseguente a questo incremento, stimola i movimenti peristaltici e, quindi, l’evacuazione.
Le fibre, solubili e insolubili, vengono fermentate dalla flora batterica, con conseguente produzione degli acidi grassi a catena corta (SCFA), che stimolano la peristalsi intestinale attraverso il rilascio di serotonina e acetilcolina.
Le fibre - soprattutto quelle solubili - hanno un effetto prebiotico, ovvero stimolano lo sviluppo e la proliferazione della flora batterica con conseguente normalizzazione delle attività intestinali (sia in caso di stipsi, sia in caso di diarrea).
I carboidrati complessi apportano quindi molti benefici in svariate condizioni. Tra queste, annoveriamo:
Stipsi, ovvero la permanenza prolungata delle feci nell'ultimo tratto dell’intestino, poiché stimolano i movimenti peristaltici fondamentali per l’escrezione delle stesse.
Diarrea, ovvero l’escrezione di feci liquide, in quanto assorbono l’acqua in eccesso (aumentando la consistenza delle feci) e promuovono lo sviluppo della flora intestinale.
Sindrome del colon irritabile, un disturbo caratterizzato da crampi addominali accompagnati da diarrea, stipsi o l’alternarsi di entrambe.
Ragadi anali e malattia emorroidaria, delle condizioni che rendono dolorosa l’evacuazione. Le fibre possono essere d’aiuto, in questi casi, poiché ammorbidiscono e lubrificano le feci.
Riducono la glicemia postprandiale.
Le fibre rallentano il rilascio e l’assorbimento del glucosio, a livello intestinale, con conseguente controllo della glicemia e quindi prevengono il diabete.
I loro effetti ipoglicemizzanti sono stati riscontrati sia nelle persone sane, sia nei pazienti diabetici (Bourdon et al., 1999). Tali effetti sono correlati alla capacità di gelificare nei fluidi acquosi, il gel prodotto, infatti:
riveste gli amidi, rendendoli inaccessibili alle amilasi e impedendo, quindi, il rilascio del glucosio.
Riveste le mucose intestinali, riducendo l’assorbimento di questo zucchero.
L’efficacia dei β-glucani.
In uno studio clinico di Jenkins et al. (2002), sono stati testati gli effetti sulla glicemia postprandiale di diversi alimenti glucidici: pane bianco, un prodotto commerciale in barretta e due prodotti a base di β-glucani (una barretta e dei cereali per la colazione). Lo studio ha coinvolto sedici volontari con diabete di tipo II, tredici dei quali trattati con farmaci ipoglicemizzanti e tre solo con la dieta. Dai risultati è emerso che, la barretta e i cereali a base di β-glucani:
Hanno ridotto significativamente la glicemia postprandiale, rispetto al pane bianco e alla barretta commerciale.
Avevano un indice glicemico più basso rispetto agli altri prodotti. Più precisamente, la barretta e i cereali testati avevano un I.G. di 43 e 52, contro 100 e 86 del pane bianco e della barretta commerciale.
Sono risultati gradevoli al gusto, grazie all'impiego del fruttosio; una cosa molto importante se si considera che gli alimenti ricchi in fibre hanno un sapore meno gradevole rispetto a quelli raffinati.
Questi dati trovano conferma in un lavoro di Reyna et al. (2003), nel quale sono stati studiati i benefici di una dieta basata sulle raccomandazioni dell’ADA (American Diabetic Association) rispetto a quelli di una dieta ipocalorica, nella quale i grassi sono stati sostituiti dai β-glucani dell’avena. Benché, entrambe le diete, avessero migliorato il quadro clinico generale dei pazienti, solo quella arricchita in β-glucani ha ridotto massivamente l’emoglobina glicata (Hb1ac), un marker utilizzato per quantificare la glicemia media di glucosio nei lunghi periodi di tempo.
Riducono la colesterolemia.
Molti studi dimostrano che, le fibre solubili, sono in grado di aumentare il colesterolo “buono” (le HDL) e ridurre il colesterolo “cattivo” (le LDL), attraverso un ridotto assorbimento del colesterolo alimentare e degli acidi biliari (emulsionanti ottenuti dal colesterolo, fondamentali per la digestione dei grassi) e una ridotta sintesi epatica di colesterolo.
Alla base di tali effetti, vi è più d’un meccanismo. Più precisamente:
Secondo Chen and Huang (2009), ciò che innesca questi effetti è il legame della fibra solubile (in particolare, i β-glucani) con gli acidi biliari. In seguito a questo legame, gli acidi biliari non vengono assorbiti dalla mucosa intestinale e non fanno ritorno al fegato; l’enzima epatico CYP7A1, quindi, è costretto ad attingere alle riserve di colesterolo endogeno per sintetizzarli ex novo: il risultato è un impoverimento del colesterolo epatico ed un aumento della captazione delle LDL dal sangue, cui consegue la riduzione della colesterolemia.
Rondanelli et al. (2009) riportano che l’acido propionico, prodotto dalla fermentazione intestinale di tali fibre, riduce la sintesi epatica di colesterolo.
Anche questi effetti sono ampiamente documentati in letteratura e molti dati ci pervengono da studi clinici.
In uno studio clinico controllato, venti pazienti con ipercolesterolemia sono stati assegnati, casualmente, a due gruppi. Nelle prime due settimane, un gruppo è stato trattato con placebo (maltodestrine), mentre l’altro è stato trattato con fibre d’avena purificate (contenenti l’80% di β-glucani); dopo tre settimane di wash-out, nelle quali nulla è stato somministrato, sono stati invertiti i trattamenti. Dallo studio si evince che, i β-glucani dell’avena, riducono la colesterolemia totale e le LDL in modo significativo, rispetto al placebo, e che tali effetti cessano quando si sospende questo tipo di alimentazione (Braaten et al., 1994).
In uno studio in doppio cieco, controllato e randomizzato, sono stati valutati gli effetti di un’alimentazione a base di riso e orzo perlato ad alto contenuto in β-glucani, rispetto al controllo. 44 uomini affetti da ipercolesterolemia sono stati divisi in due gruppi: quello alimentato col riso (gruppo di controllo) e quello alimentato con riso ed orzo perlato. Dopo 12 settimane, la dieta a base d’orzo - ricco in β-glucani - ha ridotto significativamente, rispetto al controllo, il colesterolo totale e il colesterolo LDL (Shimizu et al., 2008);
Nello studio di Reyna et al. (2003), citato in precedenza, una dieta ipocalorica ricca in β-glucani ha aumentato significativamente le HDL, rispetto alla dieta di controllo dell’ADA.
La riduzione del colesterolo e dei valori pressori porta ad una riduzione del rischio di insorgenza di Ictus e patologie cardiovascolari.
Prevengono sovrappeso e obesità.
I carboidrati non disponibili rappresentano dei preziosi alleati per chiunque intenda perdere peso o mantenere il peso forma. Come riportato in una review di Slavin (2005), una dieta ricca in fibre riduce il peso corporeo e la massa grassa, soprattutto quella addominale, attraverso:
L’aumento del senso di sazietà, dovuto alla distensione delle pareti gastriche e al rallentato svuotamento dello stomaco, conseguenti alla gelificazione di queste fibre.
Il ridotto assorbimento dei nutrienti, dovuto sia al legame di tali fibre con gli stessi (che li rende inaccessibili agli enzimi), sia al ridotto assorbimento dei prodotti della digestione (glucosio e acidi grassi).
Il controllo della glicemia post-prandiale e del conseguente rilascio di insulina. Attraverso il controllo del rilascio e dell’assorbimento del glucosio, infatti, viene impedito il raggiungimento del picco glicemico e la secrezione eccessiva di insulina, responsabile della conversione del glucosio in eccesso, in massa grassa.
La modulazione degli ormoni intestinali. Le fibre, infatti, aumentano il rilascio di colecistochinina, che riduce l’appetito agendo sui centri della fame e peptide YY, che rallenta lo svuotamento gastrico; inoltre, riducono la secrezione di grelina, un ormone che aumenta l’appetito agendo sui centri della fame (Bourdon et al., 1999; Vitaglione et al., 2009).
Non mancano le evidenze cliniche a supporto degli effetti dimagranti:
In uno studio di Vitaglione et al. (1999), quattordici volontari sani sono stati divisi, casualmente, in due gruppi: quello alimentato con pane arricchito in β-glucani (β-GB) e quello alimentato col placebo. Nel gruppo alimentato con β-GB, si è riscontrato un aumento del senso di sazietà e una riduzione delle calorie assunte.
Dopo sei settimane di trattamento, la somministrazione di β-glucani ad alto peso molecolare, ha ridotto significativamente l’appetito e il peso corporeo in un gruppo di pazienti affetti da ipercolesterolemia (Smith et al., 2008).
Nel già citato studio di Shimizu et al. (2008), una dieta a base d’orzo ricco in β-glucani, ha significativamente ridotto il grasso viscerale in pazienti affetti da ipercolesterolemia.
Abbassano la pressione arteriosa.
Una dieta ricca in fibre, solubili e insolubili, aiuta a controllare la pressione arteriosa, come dimostrato da uno studio clinico di Behall et al. (2006).
Venticinque volontari hanno consumato una dieta di controllo per due settimane, quindi, il 20% delle calorie sono state sostituite per cinque settimane da:
Una miscela di frumento integrale e riso, anch'esso integrale.
Orzo.
Una miscela costituita per metà dall'orzo e per l’altra metà dalla miscela riso/frumento integrali.
Sia la miscela riso/frumento, sia quella orzo/riso/frumento, hanno ridotto la pressione arteriosa (massima, minima e media).
Aumentano le difese immunitarie.
Le fibre sono altresì in grado di aumentare le difese immunitarie, in particolare: la stimolazione del recettore Dectin-1, da parte dei β-glucani, porterebbe all'attivazione dei globuli bianchi (macrofagi e cellule natural killer) e alla conseguente eliminazione di microrganismi patogeni e cellule tumorali (Gordon et al., 2002; Akramiene et al., 2007; Tsoni et al., 2008; Tada et al., 2009).
Contrastano il cancro.
I carboidrati complessi, sembra abbiano presunti effetti antitumorali, infatti, da studi eseguiti su colture cellulari, emerge che gli SCFA - prodotti dalla fermentazione delle fibre - possano prevenire il cancro del colon. Il butirrato, oltre ad essere il principale substrato energetico delle cellule intestinali, ne previene infatti la trasformazione maligna (Sajilata et al., 2006).
Sono da preferire in gravidanza.
Come è noto in gravidanza occorre seguire una dieta bilanciata comprensiva di tutti i nutrienti: carboidrati, proteine e grassi.Tra i carboidrati durante i nove mesi di gestazione vanno preferiti quelli complessi, che hanno un più basso indice glicemico, per mantenerne sotto controllo la produzione di insulina e l’aumento della concentrazione di zuccheri nel sangue. Un aumento eccessivo della glicemia può infatti provocare il diabete gestazionale che può provocare parto prematuro,o gestosi.
Carboidrati complessi e sport.
Fare sport, si sa, comporta un notevole dispendio energetico, motivo per il quale i carboidrati, non dovrebbero mai mancare a tavola!
Per quanto riguarda quelli complessi, la scelta degli alimenti di cui cibarsi è correlata al momento considerato, prima o dopo la prestazione sportiva.
Periodo pre-allenamento, il pasto principale, consumato almeno due ore prima dell’esercizio fisico, dovrebbe essere a base di carboidrati complessi che rilasciano lentamente il glucosio e ne rallentano l’assorbimento, in modo da assicurare l’apporto costante ai muscoli durante la prestazione. L’atleta, quindi, dovrà introdurre alimenti ricchi in fibre, caratterizzati da indice glicemico medio-basso, ovvero: cereali integrali, (quali riso, orzo, segale e avena),pane e pasta integrali, legumi, verdure a foglia verde, frutta.
Periodo post-allenamento, il discorso, invece, è diverso per il pasto principale che segue l’allenamento, da consumarsi entro sei ore ma non prima di 30’-60’ (in modo che l’organismo possa riprendersi dagli squilibri ormonali conseguenti all'attività fisica). In questo caso, gli alimenti da prediligere, sono quelli ad indice glicemico medio-elevato, con l’obiettivo di ripristinare velocemente le scorte energetiche dei muscoli. Tra questi: patate lesse, riso e pasta non integrali, banane.
In quali alimenti possiamo trovarli?
Per avere una visione a 360° sull'argomento, non potevamo concludere senza parlare delle fonti alimentari di questi carboidrati. Benché, come accennato all'inizio, siano contenuti un po’ ovunque, i carboidrati complessi sono particolarmente abbondanti in frutta, verdure a foglia verde, cereali, legumi, tuberi, semi e loro derivati.
Nella tabella successiva, riportiamo le quantità di carboidrati complessi in diversi alimenti; i valori sono riferiti a 100 g di prodotto.
Elenco degli alimenti che contengono carboidrati complessi.
Frutta (fresca e secca)
Arance:
1,6 g di fibre, di cui 1 g solubili e 0,6 g insolubili.
0 g di amido.
Albicocche:
1,5 g di fibre, di cui 0,7 g solubili e 0,8 g insolubili.
0 g di amido.
Ananas:
1 g di fibre, di cui 0,2 g solubili e 0,8 g insolubili.
0 g di amido.
Banane:
1,8 g di fibre, di cui 0,6 g solubili e 1,2 g insolubili.
2,4 g di amido.
Castagne:
4,7 g di fibre, di cui 0,4 g solubili e 4,3 g insolubili.
25,3 g di amido.
Datteri secchi:
8,7 g di fibre, di cui 1,2 g solubili e 7,5 g insolubili.
0 g di amido.
Feijoa:
6,5 g di fibre, di cui 1,1 g solubili e 5,4 insolubili.
0 g di amido.
Fichi:
2 g di fibre, di cui 0,6 g solubili e 1,4 g insolubili.
amido in tracce.
Kiwi:
2,2 g di fibre, di cui 0,9 g solubili e 1,3 g insolubili.
0 g di amido.
Fragole:
1,6 g di fibre, di cui 0,4 g solubili e 1,2 g insolubili.
0 g di amido.
Mele con buccia:
2,6 g di fibre, di cui 0,8 g solubili e 1,8 g insolubili.
0 g di amido.
Pere senza buccia:
3,8 g di fibre, di cui 1,3 g solubili e 2,5 g insolubili.
0 g di amido.
Pesche con buccia:
1,9 g di fibre, di cui 0,8 g solubili e 1,1 g insolubili.
0 g di amido.
Prugne:
1,5 g di fibre, di cui 0,6 g solubili e 0,9 g insolubili.
0 g di amido.
Uva nera:
1,6 g di fibre, di cui 0,2 g solubili e 1,4 g insolubili.
0 g di amido.
Noci:
3,5 g di fibre.
1,9 g di amido.
Mirtilli:
3,1 g di fibre.
0 g di amido.
Nespole:
2,1 g di fibre, di cui 0,5 g solubili e 1,6 g insolubili.
0 g di amido.
Ciliegie:
1,3 g di fibre, di cui 0,5 g solubili e 0,8 g insolubili.
0 g di amido.
Mandarini:
1,7 g di fibre, di cui 0,7 g solubili e 1 g insolubili.
0 g di amido.
Cereali e derivati.
Corn flakes:
3,8 g di fibre.
70 g di amido.
Crusca di frumento:
42,4 g di fibre, di cui 1,3 g solubili e 41,1 g insolubili.
20,7 g di amido.
Fiocchi d’avena:
8,3 g di fibre, di cui 3,3 g solubili e 5 g insolubili.
66,2 g di amido.
Farina d’avena:
7,6 g di fibre.
59,2 g di amido.
Farina integrale di frumento:
8,4 g di fibre.
59,7 g di amido.
Farro:
6,8 g di fibre, di cui 1 g solubili e 5,8 g insolubili.
5,85 g di amido.
Mais dolce bollito:
1,4 g di fibre.
13,8 g di amido.
Riso integrale cotto:
0,8 g di fibre.
22,8 g di amido.
Pane integrale:
6,5 g di fibre, di cui 1,2 g solubili e 5,3 g insolubili.
48,5 g di amido.
Pane di segale:
4,6 g di fibre.
39,5 g di amido.
Pasta di semola:
2,7 g di fibre;
68,1 g di amido.
Legumi.
Ceci bolliti:
5,8 g di fibre, di cui 0,5 g solubili e 5,3 g insolubili.
16 g di amido.
Fagioli cannellini bolliti:
7,8 g di fibre, di cui 1g solubili e 6,8 g insolubili.
13 g di amido.
Lenticchie bollite:
8,3 g di fibre, di cui 0,5 g solubili e 7,8 g insolubili.
13,5 g di amido.
Fave cotte:
5,9 g di fibre, di cui 1,1 g solubili e 4,8 g insolubili.
2,5 g di amido.
Soia secca:
11,9 g di fibre.
11g di amido.
Piselli bolliti:
5,1 g di fibre, di cui 0,5 g solubili e 4,6 g insolubili.
6,5 g di amido.
Quanti carboidrati complessi al giorno?
Per quanto riguarda le quantità, il rapporto sui Carboidrati nell'alimentazione umana, unito alle raccomandazioni dell’EFSA, prevede che:
Nei soggetti al di sopra dei due anni, il 45-60% dell’energia dovrebbe provenire dal consumo di carboidrati disponibili, principalmente amido. Il fabbisogno individuale, giustamente, varia in relazione ad età, sesso, costituzione ed attività fisica svolta;
Si dovrebbe consumare una quantità giornaliera di fibre pari a 25-30 g, che salgono a 40 g o più, nei pazienti diabetici.
Le informazioni riportate non sostituiscono in alcun modo il rapporto medico-paziente: per qualsiasi dubbio, rivolgetevi ad un buon nutrizionista!
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