Acido lattico nei muscoli: cos'è e come si forma. Ci sono rimedi per smaltirlo?

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Consulente Scientifico:
Dottore Mario Depau
(Specialista in biologia)

Scopriamo cos’è l’acido lattico e perchè si forma nei muscoli. Approfondimenti, verità e falsi miti sui rimedi per smaltire questo prodotto fisiologico della respirazione cellulare necessario per una sana produzione di energia immediata.

    Indice Articolo:
  1. Cos'è?
  2. Come si forma?
    1. Respirazione cellulare
    2. Produzione a riposo
  3. Acido lattico ed attività fisica
    1. Da cosa dipende la quantità?
  4. Cause dell'accumulo
    1. Giusto equilibrio
  5. Rimedi per smaltirlo

Che cos'è l’acido lattico.

L’acido lattico è un prodotto metabolico generalmente associato al lavoro muscolare in condizione di assenza di ossigeno (anaerobiosi). È un acido detto “carbossilico”, ossia un composto che contiene un “gruppo carbossilico”, in chimica definito –COOH. Questo composto è importante perché è l’”accettore finale” della catena di trasporto degli elettroni.

Ma partiamo dal principio.

Come si forma: la respirazione cellulare per produrre energia.

Le cellule hanno bisogno di energia per vivere. Ma come si produce questa energia?

Per produrre energia la cellula “respira” e tale respirazione ha come scopo quello di produrre le molecole energetiche di base ( l’ATP o Adenosina TriFosfato) con le quali la cellula riesce a svolgere tutti i meccanismi che richiedono dispendio di energia.“L’ATP rappresenta la benzina del motore cellulare!”

Ma in cosa consiste la respirazione cellulare? Aerobica ed anaerobica.

Di base si tratta di una serie di trasformazioni ovvero rottura di legami chimici.

I legami tengono insieme i diversi atomi di una molecola, ad esempio una coppia di elettroni. La rottura di questi legami produce energia ma anche scarti, ovvero elettroni in eccesso che vanno ceduti ad atomi o molecole stabili e innocui altrimenti sarebbero dannosi per l’organismo.

Le nostre cellule hanno a disposizione due tipi di respirazione: aerobica, ed anaerobica.

In natura esistono diversi tipi di respirazione anaerobica, ma noi umani siamo in grado di svolgerne un tipo solamente detta “glicolisi anaerobica” o “fermentazione lattica”. Tale tipo di respirazione anaerobica partendo dal glucosio (zucchero) produce energia ma porta alla formazione dell’acido lattico che viene utilizzato per ricevere gli elettroni di scarto per evitare problemi.

Come abbiamo visto le due respirazioni creano diversi prodotti di scarto, ma questa non è l’unica differenza, cambia molto anche la loro l’efficienza: mentre con la fermentazione lattica (anareobica) si producono 2 molecole di ATP, con quella aerobica se ne producono 38!

Questo è il principale motivo per cui senza ossigeno non possiamo restare per molto tempo.

Perchè si produce acido lattico anche a riposo?

Come abbiamo visto l’acido lattico è implicato nella “respirazione” cellulare.

A differenza di quello che si può pensare, la fermentazione lattica viene svolta costantemente nelle cellule muscolari, rappresentando la cosiddetta “scoria naturale della contrazione muscolare”.

In pratica, anche se di solito se ne sente parlare in relazione a sport ed attività fisica, l’acido lattico viene prodotto continuamente nel muscolo, ma a basse concentrazioni, perché vengono effettuati fisiologicamente alcuni cicli anaerobi.

Ma perché le cellule svolgono attività anaerobica anche in presenza di ossigeno?

Semplicemente perchè questo tipo di respirazione, producendo ATP, permette di soddisfare le richieste energetiche immediate mentre si attiva quella aerobica, più sana, efficiente, ma meno veloce.

In altre parole Il muscolo a riposo svolge sia una respirazione anaerobica che una respirazione aerobica, contemporaneamente.

Quando noi lo mettiamo sotto sforzo, la respirazione anaerobica supplisce alla richiesta di energia per il primo periodo, finché non subentra quella aerobica che per entrare “a regime” ha bisogno di un po’ di tempo ma che quando inizia a funzionare è molto più efficiente.


Approfondimento: le diverse fibre muscolari e come lavorano nelle fasi di uno sforzo.

La nostra muscolatura è formata da fibre, che sono gruppi di cellule muscolari.

Queste fibre sono divise in lisce e striate.

La muscolatura liscia (definita anche involontaria), è propria degli apparati e dei sistemi che non sono comandati dalla nostra volontà, come i visceri.

La muscolatura striata (definita invece volontaria), risponde ai nostri comandi. Al microscopio ottico appare segmentata da bandeggi chiari alternati a bandeggi scuri, e può essere distinta in tre sezioni:

  • Muscolo bianco:sebbene faccia parte degli striati non ha quel colorito rosso acceso che generalmente li caratterizza, ha fibre molto grosse ed è presente in particolari strutture che necessitano di un movimento esplosivo e scattante, sono soggetti però ad affaticamento precoce: un esempio sono i muscoli dell’occhio.
  • Muscolo rosso: genera una grande forza, le fibre sono più sottili ma non è capace di svolgere movimenti fini. Un esempio è il soleo (muscolo del polpaccio).
  • Muscolo intermedio: ha caratteristiche comuni sia al rosso e che al bianco poiché è formato da entrambi i tipi di fibre, anche se possono essere a prevalenza bianca o rossa, un esempio è il gastrocnemio (altro muscolo del polpaccio).

In realtà tutti i muscoli contengono sia fibre bianche che fibre rosse, ma la loro prevalenza varia da muscolo a muscolo.

Quello che ci interessa maggiormente però è che la distinzione di questi muscoli è fatta non solo dal punto di vista macroscopico (spessore delle fibre e colore) ma anche dal punto di vista metabolico:

  • Fibre pallide: hanno un affaticamento precoce, il loro metabolismo è a prevalenza anaerobico.
  • Fibre rosse: fibre di resistenza, il metabolismo è prevalentemente aerobico.

I muscoli quindi sono formati da diverse fibre in proporzioni diverse, ognuna delle quali interviene in una fase precisa del lavoro.

Acido lattico nell' attività fisica.

Prendiamo come esempio un uomo con un allenamento standard per la corsa, ossia una persona “in forma”.

A movimento zero, il soggetto presenta un consumo base di ossigeno prossimo a 350 ml/min (espresso in VO2, volumi di ossigeno).

Nonostante vi sia un consumo di ossigeno, abbiamo comunque una certa percentuale di acido lattico.

Quando l’atleta inizia a correre, nel primo breve intervallo il consumo di ossigeno non varia di molto, l’acido lattico inizia invece ad accumularsi crescendo in percentuale.

Ad un determinato livello (che varia da individuo a individuo), si ha la crescita di necessità di ossigeno.

Cos'è avvenuto?

L’acido lattico accumulato, ha abbassato il pH fra le cellule muscolari ma anche all'interno delle cellule stesse. Questo aumento di acidità ha stimolato la respirazione aerobica, è stata la scintilla d’innesco!

Da cosa dipende la quantità di acido lattico prodotto?

Quindi abbiamo capito che sebbene la produzione di acido lattico sia sempre presente, anche a riposo, vi sono condizioni in cui la sua produzione aumenta in modo da stimolare poi la respirazione aerobica.

La quantità di acido lattico accumulato inizialmente dipende principalmente da due fattori:

Ovviamente, più un esercizio è intenso, più acido lattico si accumulerà, ma come già anticipato, la respirazione anaerobica è allenabile.

È questo un punto importantissimo che ci permettere di gestire meglio la nostra “riserva funzionale” di metabolismo lattacido e aerobico.

Con riserva funzionale intendiamo la capacità che ha il nostro corpo (e nel piccolo gli organi e i tessuti) di reagire ad uno stimolo esterno che richiede una risposta (in questo caso energetica) superiore alla norma. Un esempio lampante è l’esercizio fisico legato all'allenamento muscolare. Dopo una costante preparazione in palestra riusciamo a sopportare carichi via via più pesanti.

Quando e perchè si accumula troppo acido lattico: la fatica muscolare!

Il livello di acido lattico in un esercizio fisico aumenta. Ma quanto? Esiste un limite oltre il quale non si dovrebbe andare?

Qui ci viene in aiuto la nostra fisiologia. L’accumulo di acido lattico corrisponde a quella che comunemente chiamiamo fatica. L’acido lattico che si accumula ha come effetti collaterali l’abbassamento del pH e la saturazione della via anaerobica.

In pratica, quando l’atleta svolge un esercizio troppo intenso o troppo duraturo giunge a un livello tale per cui non riesce più a contrarre il muscolo in maniera efficiente.

Questa situazione è data proprio dall'accumulo di acido lattico.

L’abbassamento del pH ha, infatti, come risultato quello di rendere non più funzionale l’apparato metabolico cellulare. Inoltre la cellula negli esercizi lunghi o molto intensi sposta il proprio metabolismo verso la via anaerobica perché, nonostante produca meno molecole energetiche (solo 2 ATP) è quella che le produce più velocemente (ma non abbastanza!).

Proprio per questo motivo possiamo correre a velocità massima per un brevissimo periodo di tempo ma con una velocità moderata riusciamo invece a percorrere diversi chilometri.

La fatica muscolare (distinta da altre tipologie di fatica) è data dall’accumulo di metaboliti (molecole di scarto) della via anaerobica, che non riescono ad essere smaltiti.

Questi metaboliti andranno a influenzare la stessa cellula: è come se in una fonderia i prodotti di scarto venissero accumulati all'interno della stessa fabbrica impedendo agli operai di lavorare.

Il ciclo dell’acido lattico: l’importanza dell’ossigeno per ristabilire l’equilibrio.

L’acido lattico può dunque accumularsi in due modi: l’esercizio troppo intenso e quello troppo duraturo.

In realtà l’acido lattico entra in un ciclo che ne permette non solo lo smaltimento ma anche il recupero da parte della cellula:

In realtà come si è già accennato prima, una parte dell’acido lattico finisce nelle fibre rosse che lo fanno entrare sotto forma di piruvato nel ciclo di Krebs.

Di cosa hanno bisogno gli enzimi del fegato per trasformare l’acido lattico in glucosio? Dell’ossigeno!

Queste reazioni avvengono infatti in presenza di ossigeno. Quando noi dopo una corsa di 100 metri alla massima velocità ci fermiamo, avvertiamo subito il bisogno di respirare più velocemente e profondamente.

Questo riflesso è presente perché il sangue è più ricco di acido lattico che ne ha abbassato il pH; la respirazione permette di eliminare una quota di CO2 che porta con sé una parte di quell’acidità. Inoltre la respirazione viene accelerata perché quella via che va a ricostituire le molecole energetiche utili al metabolismo è in funzione: principalmente il glucosio, partendo dall’acido lattico.

Abbiamo dunque una prima fase in cui il nostro organismo va in deficit di ossigeno (una corsa di 100 metri la possiamo fare quasi tutta in apnea!) perché il meccanismo della respirazione aerobica è troppo lento per entrare in azione da subito, seguita da una fase di “pagamento” attraverso la quale si vengono a recuperare le condizioni iniziali.

Più la fase di deficit è importante, più la curva si restringe e più la fase di pagamento si allunga. La fase di pagamento corrisponde alla fase di recupero dell’acido lattico, che attraverso il fegato ri-diventa glucosio.

Con l’allenamento i muscoli si adattano ai diversi tipi di metabolismo.

Quando noi ci alleniamo, creiamo all'interno del nostro organismo un ambiente diverso.

Le molecole energetiche calano, le cellule muscolari entrano in azione, si abbassa il pH del sangue, la temperatura si alza l’attenzione cresce e tutta una serie di meccanismi viene messa in moto per cercare di equilibrare l’organismo ad una nuova esigenza.

I tessuti che non sono abituati a rispondere a questa richiesta, collassano subito ossia si affaticano.

Ma perché l’allenamento riesce ad allungare il ritardo dell’insorgenza della fatica?

Una cellula sottoposta a sforzo regolare, riesce ad adattarsi piano piano. Per questo motivo i grandi risultati si vedono con un allenamento costante.

Il riscaldamento muscolare è necessario prima di qualsiasi prestazione sportiva.

Non solo la cellula e il tessuto di cui fa parte adattano il proprio metabolismo, ma anche il tipo di respirazione impiegata!

Un culturista ha come respirazione “preferita” quella anaerobica: il sollevamento di un peso (la forza esplosiva) richiede una quota di energia importante ma immediata. I fasci muscolari del culturista (perlomeno quelli impiegati negli esercizi fisici) saranno costituiti, per una fetta importante, da fibre bianche.

Al contrario un ciclista prediligerà le fibre rosse. Le sue fibre muscolari infatti tenteranno di ottimizzare la respirazione aerobica.

La cellula, nel contesto dell’adattamento, cercherà di moltiplicare gli enzimi coinvolti nell'una e/o nell'altra respirazione.

Acido lattico e dolore: un falso mito! Non servono rimedi per smaltirlo.

Molto spesso ci capita di associare il dolore post-allenamento all'accumulo di acido lattico. Personal trainer, istruttori e preparatori sportivi si sentono rivolgere molto spesso la fatidica domanda: "Mi fa male tutto il corpo, ho l'acido lattico nei muscoli, come smaltirlo in modo efficacie?". La maggioranza delle persone ritiene, infatti, che esistano rimedi e soprattutto la necessità per accelerare il processo.

Le cose non stanno così: l’acido lattico prodotto durante l’attività fisica, anche molto intensa o prolungata, viene convertito in glucosio in circa due ore. Ciò vuol dire che nel tempo in cui noi torniamo a casa dopo una corsa, ci facciamo la doccia e ci prepariamo la cena il nostro organismo ha già debellato l’acido lattico disciolto nel sangue.

Ma allora i dolori a cosa sono dovuti?

Nello sforzo muscolare senza un’adeguata preparazione (pre e post esercizio), si producono delle microlesioni a livello cellulare. Le cellule danneggiate inviano il segnale alle componenti nervose vicine le quali segnalano al cervello che c’è qualcosa che non va.La rimarginazione delle lesioni può impiegare diversi giorni.

Anche questa situazione costituisce uno stress cellulare che indirizza la cellula verso un certo tipo di adattamento. La cellula riparata ha, infatti, dimensioni maggiori e gestisce meglio una nuova sollecitazione.

Rimedi per prevenire le microlesioni.

Gli esercizi fisici devono essere sempre effettuati con carichi via via crescenti, partendo da sforzi poco intensi per progredire con carichi sempre più importanti, ma stando attenti a cercare di frapporre molti carichi intermedi, lasciando così il tempo al muscolo di adattarsi. Le microlesioni sono degli avvertimenti: un lavoro eccessivo può infatti ripercuotersi non solo sulla fibra muscolare ma anche sull'apparato tendineo, i quali possono lacerarsi e rompersi.

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